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martedì 18 settembre 2018

WIND SUMMER FESTIVAL 2018: TRIONFA "AMORE E CAPOEIRA" IN UNA BELLA FINALE ALL'INSEGNA DEL LIVE, DELLE GRANDI PERFORMANCE E DELLA MUSICA ITALIANA


"Amore e Capoeira" è la canzone dell'estate, secondo il Wind Summer Festival 2018. Cominciamo da qui, dalla notizia principale, per raccontare un'edizione della kermesse, quella conclusasi domenica sera a Milano, che è risultata sotto molti aspetti diversa dalle precedenti. A partire proprio dal brano vincitore: che può piacere o non piacere, ma è stato l'autentico tormentone di questi tre mesi di canicola, né più né meno di un "Vamos a la playa" o di un "Run to me", esempi old school di quell'easy pop vacanziero tanto rimpianto dai nostalgici e che negli ultimi anni sta conoscendo, mi pare, una nuova era di benessere. Già con questo verdetto c'è stata una inversione di tendenza rispetto all'albo d'oro della kermesse, che ha dato gloria a titoli non certo entrati nella storia della musica da spiaggia, da "Liar liar" di Cris Cab a "This girl" di Kungs, fino allo stesso "Pamplona" del 2017, che ha goduto di buonissimi riscontri di mercato ma non aveva le stimmate di quei pezzi in grado di caratterizzare un'estate e di imprimersi nella memoria popolare. In tal senso l'unica eccezione, finora, era stata  la gettonatissima "El mismo sol" di Alvaro Soler, incoronata nel 2015.
NOVITÀ FONDAMENTALI - Il trionfo del quartetto Takagi - Ketra - Sean Kingston - Giusy Ferreri rappresenta quindi una certificazione "nero su bianco" di ciò che davvero è andato per la maggiore nella stagione ormai giunta al capolinea: certificazione che, ad esempio, mancò proprio alla citata "Vamos a la playa" dei Righeira, i quali non vinsero il Festivalbar dell'83 solo perché erano schierati... fuori concorso (il successo andò alle "Bollicine" di Vasco Rossi). E già che si parla di Festivalbar, debbo ribadire quanto più volte scritto negli anni passati, ossia che la manifestazione targata Wind ha ormai assunto la stessa dignità dell'illustre antenata. 
Dodici mesi or sono, per dire la verità, non ero stato tenerissimo col Summer Festival, che aveva segnato un po' il passo rispetto agli esordi, essendo diventato un concorso prevedibile e privo di pathos proprio come le ultime edizioni della gara ideata dal compianto Vittorio Salvetti. Quest'anno si è invece recuperato terreno, soprattutto per il deciso cambio di rotta nella struttura dell'evento: non più quattro serate a giugno trasmesse in tv in differita e poi addio, ma l'aggiunta, fondamentale, di una finalissima settembrina in diretta. per decretare una canzone dell'estate con tutti i crismi, ossia pesandone il rendimento lungo tutto l'arco della bella stagione. Una modifica alla formula che, nel mio piccolo, suggerivo da anni, che è stata finalmente apportata e che fa davvero del "Summer" il Festivalbar 2.0. 
UN PREMIO E DUE TORMENTONI - "Amore e capoeira" sugli scudi, si diceva: un brano che non ha messo d'accordo tutti quantomeno a livello testuale, con quel riferimento alla "favela", cioè a una realtà sociale drammatica e complessa, nell'ambito di una composizione che è un inno al disimpegno balneare. L'orecchiabilità però c'è tutta, e in fondo è ciò che più conta per i principali fruitori di questo genere canzonettistico, ossia gli adolescenti e i giovani in generale, coloro che hanno più facile accesso alle piattaforme video online e ai moderni mezzi di fruizione della musica; aggiungiamoci, ad aumentarne l'appeal, il curioso balletto a far da coreografia, con le ragazze che si...  sculacciano amabilmente il sedere in fila indiana: più buffo e simpatico che sensuale, ma anche questo fa parte del gioco. Non era presente, ma un "ex aequo" morale coi vincitori lo merita Baby K., la cui "Da zero a cento" ha spopolato nell'heavy rotation radiofonica e nelle vendite (doppio platino, mica poco), usufruendo del martellante spot Vodafone nella fase di lancio per poi camminare benissimo con le proprie gambe. 
LA QUALITÀ DI MALIKA - Mancava dunque dal cartellone una protagonista assoluta delle ultime settimane, ma le altre hit del periodo c'erano più o meno tutte: dal mix vintage - contemporaneo dei Thegiornalisti in "Felicità puttana" alla ritrovata ispirazione di Luca Carboni, che ha presentato "Una grande festa". Accattivante il ritmo proposto dall'inedito trio Elodie - Michele Bravi - Gué Pequeno in "Nero Bali" (disco di platino) e da Irama, con una "Nera" intessuta di vaghe ispirazioni spagnoleggianti allo stile Soler (doppio platino anche per il vincitore di Amici '17): tutti brani, come si vede, che hanno saputo uscire dai circuiti promozionali e spiccare il volo  sul piano della resa commerciale: non è poco, di questi tempi. Le Vibrazioni continuano a godersi una brillante seconda giovinezza: avevano già fatto centro a Sanremo con "Così sbagliato", hanno proseguito con la trascinante "Amore zen", rock a gradazione moderata. "Bye bye" ci ha proposto un'Annalisa immersa in sonorità vagamente dance, stesso universo in cui ha pescato la Malika Ayane di "Stracciabudella", titolo bislacco per un brano sostanzioso, che poggia su un tappeto sonoro asciutto ed essenziale, con suggestioni disco anni Novanta, il tutto valorizzato da una voce sempre al top: forse la produzione più coraggiosa e meno mainstream fra quelle del Summer Festival, pur in un ambito di assoluto easy listening, 
ROVAZZI, BERTÈ E CONTAMINAZIONI MUSICALI - Ermal Meta ha puntato sulla semplicità, il testo di "Io mi innamoro ancora" parla di felicità e amore in tutte le sue varianti, senza complicate implicazioni, il tutto rafforzato da una base ritmica al solito pregevole e accattivante. Sul versante "crazy", continua a impazzare Fabio Rovazzi, uno che ha estro da vendere ma deve stare attento a non rimanere imprigionato nel personaggio di quello che deve sempre stupire a tutti i costi: ad ogni modo, "Faccio quello che voglio" funziona discretamente, grazie soprattutto al supporto di Emma, più incisivo di quelli di Nek e Al Bano. E a proposito di "pazzarielli" (in senso buono) va registrato l'ennesimo ritorno in auge dell'immarcescibile Loredana Berté, che ha ritrovato un'apprezzabile vocalità mettendola al servizio del reggae dei Boomdabash ("Questa sera non ti dico no"), con un risultato estremamente convincente. Proprio il matrimonio fra pop e altri generi è stato uno dei fatti salienti di questa estate canora: abbiamo già detto del trio Elodie - Bravi - Pequeno, aggiungiamoci il rapper Carl Brave e la commistione melodica con Francesca Michielin che ha dato vita a "Fotografia". Del resto, la stessa "Amore e capoeira" è un esperimento musicale in cui confluiscono vari stili, e con cui si tenta anche il lancio in Europa del "Baile do favela", nuovo ritmo brasiliano in forte ascesa.
HAPPENING DELLE SETTE NOTE, CON TANTO LIVE - Detto del premio come miglior giovane assegnato alla talentuosa cantautrice Federica Abbate ("Pensare troppo mi fa male"), va sottolineato come la finalissima del Summer Festival abbia saputo superare il concetto di asettica passerella di brani in stile playlist radiofonica, per diventare  a tratti un vero e proprio happening, uno show con tutti i crismi. In tale contesto vanno inquadrate le performance di Ornella Vanoni, che ha riproposto il pezzo di Sanremo con Bungaro e Pacifico e poi il classico "Senza fine", di Nek, che ha celebrato i vent'anni di "Se io non avessi te" (Dio, come passa il tempo...), di J-Ax e Gigi D'Alessio con pout-pourri dei loro cavalli di battaglia, di Fabrizio Moro che prima di eseguire l'intensa "L'eternità" ha ripescato dal suo recente repertorio la struggente "Portami via", anche questa targata Sanremone (2017): un equilibrato mix fra i successi del momento e i grandi classici, dunque. E poi c'è stato tanto live, tante voci vere con le loro imperfezioni (neanche molte, per la verità), ma le rassegne soprattutto a questo servono: portare i cantanti a fornire saggi autentici delle loro doti interpretative. Insomma, tanti piccoli ingredienti a comporre una pietanza risultata, quest'anno, particolarmente gustosa. Con un quid in più: come si evince dai nomi letti sopra, è stato il trionfo della musica italiana, una musica italiana che si è però data uno spessore internazionale, nella ricerca di nuovi sound e nelle collaborazioni artistiche. La bandiera d'oltrefrontiera è stata tenuta alta da un habitué delle chart estive, il già citato e immancabile Alvaro Soler, con una "Cintura" carina pur se non trascendentale. 
I DUBBI SULLA QUALITÀ DELLE PROPOSTE: E SE FRA VENT'ANNI... - In chiusura, ci vorrebbe una valutazione sulla qualità complessiva della proposta musicale di questa manifestazione: in giro si sentono giudizi tranchant sulla decadenza della canzone leggera italiana. La crisi c'è, ma è una crisi più di sistema che di valore del "prodotto": una crisi che chiude molte porte alla scena indie e che impedisce la coltivazione del "vivaio" nazionale, delle nuove leve; e poi, certo, c'è pure il calo delle vendite, con i musicisti chiamati oggi a puntare meno sui negozi di dischi (reali e digitali) e più sui concerti. Ma i tormentoni, di grande impatto al primo ascolto eppure ben confezionati, continuano a venire fuori, e i ragazzi che affollano questo e altri eventi continuano a cantare in coro le canzoni dei loro beniamini. Esattamente come facevano trent'anni fa con "Bravi ragazzi", con "Fotoromanza", con "Easy lady" e altre ancora. Nel loro piccolo tutte evergreen, certo, ma nessuno può dire con certezza che quelle di oggi non entreranno in egual misura nell'immaginario collettivo. Fra vent'anni, perché mai i quindicenni o i ventenni del 2018 non dovrebbero ricordare con nostalgia le loro estati scandite da Ferreri, Baby K, Giornalisti, Elodie o Rovazzi? 

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