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martedì 7 maggio 2013

JUVENTUS DI NUOVO LEADER DEL CALCIO ITALIANO. MA GLI SCUDETTI SON 29...

                               Esultanza juventina: un classico delle ultime due stagioni

Lo scudetto, il ventinovesimo (e già...), conquistato dalla Juventus è meritato? Solo un folle potrebbe rispondere di no, e non sarò certo io a fare il bastian contrario, per quanto su questo blog non sia sempre stato tenero nei confronti dei bianconeri (o meglio, nei confronti di un certo clima di "sudditanza psicologica arbitrale" che ne ha accompagnato, anche in questa trionfale stagione, più di una prestazione, come del resto è accaduto anche per il Milan, soprattutto nel girone di ritorno). Al di là dei numeri, la cui schiacciante evidenza già basterebbe a liquidare l'argomento, c'è molto di più. C'è una squadra che, "sul campo" (precisazione non casuale, lo vedremo dopo) si è definitivamente scrollata di dosso i fantasmi del passato recente ed è tornata ad essere la compagine guida di tutto il movimento calcistico italiano. 
JUVE AZZURRA - La Juve di oggi è la spina dorsale della Nazionale italiana, la selezione che meno di un anno fa ha conquistato l'argento europeo e che ora guarda con legittima speranza ai Mondiali brasiliani del 2014. Un blocco azzurro che, piaccia o no ai nostalgici del bel tempo che fu, ricorda molto da vicino quello che innervò, con risultati esaltanti, l'Italia di Bearzot fra il '78 e l'82. C'era in linea di massima più classe, all'epoca, forse è in parte vero: ma qualcuno è in grado di affermare che un Buffon o un Pirlo non avrebbero degnamente figurato in quella magica formazione, diventandone anzi degli autentici alfieri? O che Marchisio, per tecnica, personalità, eclettismo e doti atletiche, non abbia le potenzialità per ripercorrere le orme di un Tardelli? Sugli altri nazionali "torinesi", penso principalmente a Bonucci, Barzagli e Chiellini, si può discutere, e riconoscere che sì, certi paragoni sono effettivamente un po' azzardati (basta andare con la memoria a Cabrini e Scirea, per dire), ma non si può negare la loro efficacia, la loro affidabilità, la loro continuità di rendimento anche sul palcoscenico internazionale. 
VIVAIO NOSTRANO - Juventus squadra guida del nostro movimento, e nel senso più autentico del termine. Perché non lo è stata, ad esempio, l'Inter mattatrice dal 2007 al 2010, una multinazionale con pochi elementi prodotti dal vivaio nostrano. Il club bianconero ha scelto invece la strada di una spiccata italianità, l'unica praticabile, del resto, per cominciare a rivitalizzare un football, il nostro, che sarebbe stato destinato a rapida decadenza se le squadre di vertice avessero continuato a puntare su campioni (o presunti tali) di fuorivia, penalizzando sempre più i talenti tricolori. Ed è significativo che, su questa strada, si stia avviando anche il Milan, cui appartiene, non a caso, il secondo blocco azzurro in termini quantitativi, con i vari Abate, De Sciglio, Montolivo, Balotelli ed El Shaarawy ormai presenze fisse del gruppo plasmato da Prandelli. 
GIOCO DI INIZIATIVA - La Juve bicampione è l'immagine migliore, sul piano del gioco, di un calcio italiano che ha scelto di rinnovarsi nella continuità. Ossia di praticare un football di iniziativa, di aggressione, senza tuttavia trascurare i canoni classici della tradizione del nostro Paese, quelli di una attenzione assoluta alla fase difensiva, che invece si sta smarrendo in varie parti della penisola, vuoi per involuzione tattica, vuoi per crisi produttiva di talenti autentici nei ruoli della terza linea (lo dimostra il fatto che il nostro campionato è diventato ricchissimo di gol, da "sparagnino" che era un tempo, ma ciò non può essere considerato positivo in assoluto laddove buona parte di questi gol sono il prodotto di sesquipedali errori delle retroguardie). Anche in questo caso, il "messaggio" è partito dalla Nazionale, che dopo il disastro sudafricano si è reinventata su nuovi canoni di manovra, brillanti e coraggiosi nonché esteticamente più gradevoli, tante volte descritti ed esaltati su queste modestissime pagine. La Vecchia Signora, a partire dall'arrivo in panca di Conte, ha seguito il solco prandelliano e anzi lo ha allargato: quella del trainer pugliese è una compagine che macina gioco a mille, asfissia gli avversari e crea palle gol in serie: questo il marchio di fabbrica, anche se ultimamente tali consegne non sono state sempre rispettate alla perfezione, un po' per ovvio appannamento fisico (penso alle sfide con Palermo e, soprattutto, Milan) un po' per inferiorità nei confronti dell'avversaria, come in Champions League col Bayern. 
LA RIBALTA EUROPEA - L'eliminazione patita per mano dei tedeschi pone un quesito spinoso: perché sì, d'accordo, in Italia i bianconeri dominano e non in modo casuale o fortunato, ma fondando la loro superiorità, come si è visto, su... argomentazioni tecniche solidissime. Però il confronto con Robben e illustre compagnia è stato a tratti impietoso, con la nostra rappresentante che ha praticamente fatto solo il solletico ai debordanti oppositori. Il discorso sarebbe lungo e articolato: che il football italico di club stia perdendo costantemente posizioni in ambito europeo è evidente, e il dramma è che il tempo passa  e non si avvertono miglioramenti (anche quest'anno, come nella stagione passata, nessuna nostra squadra ha varcato lo scoglio dei quarti di finale). Dal team di Conte, però, per qualità di gioco e di interpreti (il cui valore internazionale, lo ripetiamo, è dimostrato dall'ottimo rendimento e relativi risultati in maglia azzurra), ci si sarebbe aspettati qualcosa di più, quantomeno la capacità di tenere maggiormente in equilibrio la sfida. Ma va detto che il Bayern attuale si pone su livelli stratosferici, e l'epocale passeggiata di salute contro il Barcellona euromondiale lo ha certificato. Sono convinto che la Juve attuale, temprata da questo anno di buona esperienza in Coppa, sempre più sicura dei propri mezzi e con l'aggiunta di non più di un paio di pezzi grossi dalla trequarti in su, potrebbe tranquillamente alzare l'asticella delle ambizioni. "Pezzi grossi" non significa fuoriclasse, attualmente irraggiungibili per l'asfittico mercato italiano, ma giocatori di livello in grado di incidere anche nelle competizioni internazionali: ce ne sono in giro, e si possono portare a casa senza spese folli.


29 SCUDETTI - Dicevo in apertura che, sul campo, la Signora si è liberata dei fantasmi... giuridici del passato recente, e ha messo la testa a cuocere senza vittimismi, dimostrando che la cultura del lavoro rimane la via migliore per il conseguimento dei successi più ambiti. Purtroppo non si può dire lo stesso di tutto ciò che attorno al campo juventino gira. Questo insistere sui "31 scudetti", oltre ad avere stancato, è intollerabile sul piano morale. Posso concedere che chi quei due titoli "maledetti" li vinse (calciatori e allenatore) abbia effettivamente il diritto di  continuare a sentirli propri, perché spese comunque energie fisiche e mentali enormi per centrarli (e non possono esservi dubbi... calcistici quantomeno sul secondo, quello del 2006, vinto dall'alto di una superiorità schiacciante, non dissimile da quella mostrata in questo 2012/13), ma tutte le altre componenti, tifosi e soprattutto dirigenti, che continuano ad avallare questo andazzo non hanno giustificazione alcuna, così come grida vendetta quello scudo con tre stelle e il numero 30 posto all'ingresso del nuovo impianto dopo il trionfo del 2012. 
Quasi tutte le più prestigiose società di calcio italiane, nel corso dei decenni, sono finite nel tritacarne della giustizia, a volte in maniera sacrosanta, altre volte con più di qualche dubbio, ma alla fine, magari obtorto collo, hanno accettato anche i verdetti più amari, si sono rimboccate le maniche e sono ripartite: penso al Milan del 1980, o al Genoa del 2005, ma gli esempi si sprecherebbero. Perché, dunque, insistere con questa ossessione che, oltre ad aumentare la bile del tifoso medio, non giova al clima generale del football nostrano, già sufficientemente avvelenato di suo? E perché la Federazione non prende una posizione veramente netta e risoluta, invece di regalare affabili dichiarazioni come quella del presidente Abete, che, ieri, ha affermato: "Sul numero degli scudetti, la Federazione è stata chiara anche in occasione del titolo vinto l'anno scorso". Suvvia, cosa vuol dire "è stata chiara"? Ci sono sentenze giudiziarie, ci sono revoche e annullamenti sportivi, i titoli sono 29, e da chiarire, caro Abete, non c'è proprio nulla. chi continua ad alimentare, silenziosamente o meno, questo equivoco, andrebbe duramente sanzionato: perché quando si continuano a fare orecchie da mercante alle (blande) reprimende dei vertici, solo le punizioni vere e severe (multe, squalifiche, ecc.) potrebbero portare sulla retta via. Lo potrà fare, forse, una Federazione più forte di quella attuale. La si attende da anni, anche attraverso un doloroso commissariamento, l'unico modo per sbloccare lo stallo in cui si è infilato il calcio tricolore. 

3 commenti:

  1. Da juventino, e quindi inevitabilmente di parte pur reputandomi sportivo e non tifoso nel senso letterale del termine, posso solo dire che non mi infastidisce il non avere lo scudetto del 2005, frutto di troppe, eccessive "coincidenze" e con alcuni arbitraggi (a Bologna, col Milan in casa, a Roma con i giallorossi e la Lazio ci furono alcuni episodi che anche io definisco allucinanti) davvero poco parziali. Ma sul 2006 non accetto ragioni e per tre motivi: primo, quello scudetto fu vinto dominando in lungo e in largo dall'alto di una superiorità schiacciante (basta d'altronde vedersi formazione e allenatore...), secondo non è emersa nessuna irregolarità di alcun genere, e sopratutto non è possibile che un'altra squadra, arrivata ad anni-luce di distanza e messa poi in condizione di dominare dall'alto di verdetti che lasciarono il deserto tra gli avversari (e dobbiamo dire chi era il commissario e dove lavorava ?) si paludi dietro l'alibi dello "scudetto dell'onestà e della correttezza" dopo aver inventato parenti fantasma per avere passaporti falsi. Se non lo dobbiamo avere noi che lo abbiamo vinto, non devono millantarlo neppure i paladini dell'onestà, il cui valore, ora che gli avversari sono tornati ai loro livelli, è tornato quello abituale, e che senza "aiuti" ora andati in prescrizione avrebbero fatto un'altro lustro a colpi di secondi, terzi e quarti posti.

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    1. Fossero tutti come te, i tifosi, sarebbe un piacere discutere di calcio, anche polemizzando, ma senza mai varcare i limiti dell'educazione. Complimenti davvero, caro... anonimo (ma caspiterina, firmatevi qualche volta, che qui non vi mangia nessuno!^^). Oltretutto condivido il discorso che fai sul 2006, e l'ho anche scritto nel mio post: una superiorità schiacciante, quella espressa all'epoca dai bianconeri, assolutamente fuori discussione.
      Rimango tuttavia del parere che i verdetti giudiziari vadano accettati, anche quando possono sembrare ingiusti o gravati da troppe incognite. Guarda, te lo dice un genoano che ha vissuto l'inferno dell'estate 2005: soffrimmo tutti, anche perché una retrocessione in terza serie poteva addirittura mettere a repentaglio la sopravvivenza stessa della società, ma andammo giù e ripartimmo. Ecco, il punto è questo, non capisco perché per gli juventini sia tuttora tanto difficile accettare(obtorto collo, di malavoglia, lo capisco benissimo) i verdetti di Calciopoli, continuando a soffiare sul fuoco di una polemica che sta avvelenando sempre più il nostro calcio. Forse per il discorso Inter? Anche in questo caso, comprendo benissimo i tuoi dubbi e quelli dei bianconeri, ma non è una giustificazione sufficiente. O, per meglio dire, è un altro discorso: l'accertamento di eventuali colpe di altre società non c'entra alcunché con le già accertate colpe di un determinato periodo bianconero. Comunque ti ringrazio, torna pure a trovarmi, se vuoi.

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  2. Il problema di quei verdetti, e che ne rende difficile l'accettazione, è che sono venuti da personaggi che gravitavano, direttamente o indirettamente, nell'orbita moratto-interista. Parlando ovvioamente a titolo personale, se quelle sentenze fossero venute da soggetti di assoluta terzietà me ne sarei fatto una ragione, mi faccio una ragione per lo scudetto del 2005 (come detto troppe cose strane nei match importanti), potrei anche accettare il 2006 come scudetto non assegnato, ma non che quello scudetto vada alla squadra sponsorizzata dal datore di lavoro di chi ci ha giudicato. Questo mai.

    Saluti
    Luca (alias Whiteshark sull'ormai defunto P70)

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