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lunedì 3 febbraio 2014

GENOA - SAMPDORIA DI LUNEDI', IL CARESSA CORRUCCIATO E L'INSOPPORTABILE SPEZZATINO

                           Gradinata Nord, cuore del tifo Genoa: la protesta è partita da qui

Amara scoperta: il calcio italiano non è più uno sport, ma è diventato un semplice prodotto commerciale, uno show televisivo da piazzare in ogni parte del mondo come un format catodico, come un "Chi vuol esser milionario" qualsiasi. Non che non avessi già qualche.... leggerissimo sospetto su questo "cambiamento di ragione sociale", ma le idee mi si sono totalmente chiarite dopo aver ascoltato, esterrefatto e amareggiato, la filippica di Fabio Caressa, popolare telecronista e direttore di Sky Sport 24, che si è scagliato con energia degna di miglior causa contro lo spostamento del derby Genoa - Sampdoria, alfine in programma questa sera. 
IL DERBY SPOSTATO - Come si sia arrivati al rinvio del match, da domenica alle 12 e 30 a lunedì alle 20 e 45, è storia fin troppo nota. La protesta partita da alcuni gruppi della tifoseria organizzata rossoblù, protesta alla quale hanno presto aderito gli ultras blucerchiati, era fondata essenzialmente su due punti: la collocazione della stracittadina genovese in un orario lontano dalla tradizione di un match fra i più sentiti, un match che rappresenta uno dei vanti storici del calcio italiano (con in più le difficoltà, visti i tempi ristretti, che sarebbero sorte per mettere a punto le coreografie, elemento portante di ogni derby e di quello genovese in particolare), e il fatto che tale collocazione sia stata dettata da ragioni biecamente commerciali, ossia per catturare il pubblico calciofilo dell'estremo Oriente . Di qui, una più generale contrarietà al "calcio spezzatino" degli ultimi anni, con partite di campionato distribuite nell'arco di più giorni e agli orari più disparati, sempre per centrare target meramente televisivi. Tutto ciò, va sottolineato, ha fatto passare in secondo piano l'esistenza di un elemento contingente che da solo imponeva senza meno il posticipo della gara: evitare la concomitanza con la Fiera di Sant'Agata, tradizionale appuntamento cittadino che affolla di bancarelle, clienti e semplici curiosi diverse zone nei pressi dello stadio. 
L'ORRIDO SPEZZATINO - Il mio parere sulla presa di posizione delle due tifoserie è presto detto: con un realistico sguardo alla situazione attuale dell'italico pallone, non trovavo la collocazione all'ora di pranzo della domenica più scandalosa di quella del lunedì all'ora di cena o del sabato all'ora dell'apericena. Dal mio punto di vista, sono tutte ugualmente inaccettabili: lo spezzatino della Serie A è una violazione del principio della contemporaneità delle partite, che nel mio forse ottuso nostalgismo continuo a considerare sacro, ed è, soprattutto, una resa incondizionata alle esigenze delle tv a pagamento e del loro pubblico di privilegiati, a scapito di chi conserva ancora il piacere di gustarsi un incontro dal vivo. Perché Genoa - Sampdoria è occasione di festa di popolo, è orgoglio cittadino nonché, lo ripeto, vanto del calcio nostrano, ma lo stesso si poteva tutto sommato dire di Genoa - Juventus, che è una classicissima anche più del derby della Lanterna, una partita disputatasi al Ferraris, pochi anni fa, proprio al deprecato orario del desinare domenicale. 
E allora si poteva organizzare prima, questa presa di posizione, presumibilmente con gli stessi esiti attuali, perché mediaticamente oggi sta passando il messaggio di una vittoria delle frange più oltranziste del tifo, di una resa delle autorità (sportive e di sicurezza) di fronte all'eventualità di disordini in realtà del tutto improbabili. Rimango convinto che, se si vuol protestare contro la deriva televisiva del calcio, l'unica soluzione sarebbe non abbonarsi più, in massa, a Sky o a Mediaset. Colpirli nel portafogli, insomma, per vedere poi l'effetto che fa: effetto devastante, verosimilmente, perché il legame tra pallone e televisioni è ormai inscindibile, e spezzarlo provocherebbe la bancarotta del carrozzone. Bisognava fermarsi prima, però anche oggi le soluzioni ci sarebbero, senza voler essere rivoluzionari a tutti i costi: ripensare il rapporto fra tv e football in maniera più equilibrata, moderata, rispettosa delle esigenze degli appassionati si può, eccome. 

                                          Fabio Caressa, direttore di Sky sport 24

LA FILIPPICA - Così com'è concepito adesso, questo matrimonio sta impoverendo soprattutto il calcio. Perché un calcio ridotto a prodotto commerciale è un calcio svuotato di passione e poesia, perlomeno nelle forme in cui l'offerta televisiva di partite è strutturata qui da noi (forme diverse rispetto ad altri Paesi). E qui ritorniamo alla tirata di Caressa (ecco il link): ho trovato alcuni passi del suo editoriale particolarmente odiosi, disinformati e contraddittori. Odioso è, per l'appunto, svilire lo sport più amato e radicato nel nostro Paese, fenomeno sportivo e sociale di enorme complessità e di altrettanto fascino, riducendolo a merce da piazzare: dobbiamo venderlo all'estero, dice, così acquisisce visibilità e appetibilità, entrano soldi e le vostre squadre possono permettersi di acquistare campioni e competere a livello internazionale. A parte l'assunto di base che, lo ripeto, è insopportabile per i motivi detti, ci sarebbe da eccepire sulla fondatezza delle affermazioni del telecronista: perché di tutti questi benefici che arriverebbero ai club italiani dallo spezzatino televisivo e dalla visibilità estera io sinceramente non scorgo traccia. 
Sarà una coincidenza, ma dall'inizio del secolo (gli esordi degli anni Novanta, con l'unico innocuo posticipo domenicale, non fanno testo), ossia da quando le tv a pagamento sono diventate una presenza determinante per il funzionamento di tutta la complessa macchina football, le nostre società hanno perso competitività fuori dei patri confini, il torneo interno si è impoverito tecnicamente e di campioni stranieri dalle nostre parti ne sono approdati sempre meno. Chiariamo bene, non è stata solo colpa dell'invadenza televisiva, è tutto l'apparato ad avere guasti profondi di varia natura (gestione finanziaria inadeguata, impianti arretrati, assenza di una politica di valorizzazione dei giovani, mancata risoluzione del problema delle frange violente del tifo...), ma il piccolo schermo ci ha messo del suo per varie ragioni, togliendo alla partita l'aura di "evento" e trasformandola in un asettico show che spesso va in scena in teatri desolatamente vuoti. A proposito, quale appetibilità avrebbe il mostrare in mondovisione spalti semideserti? Questo ancora nessun "esperto" ce lo ha spiegato.
Tutto ciò, sorvolando sulla superficialità con cui il nostro ha parlato della Fiera di S. Agata, altro oggetto del contendere: non un minuscolo gruppo di bancarelle frequentate da un pubblico ristretto, ma una grande manifestazione che (l'ho provato di persona) riempie di una marea di persone numerose vie nelle vicinanze dello stadio per diverse ore, rendendo estremamente difficoltosa la circolazione. Aggiungiamoci il derby, ossia una delle rare occasioni in cui il catino di Marassi arriva a colmarsi, e avremo avuto un quadro ai limiti del delirante riguardo alla gestione dell'ordine pubblico. 
CONSIGLI - Insomma, un paio di consigli a Caressa:  eviti di avventurarsi in argomentazioni sulle quali è impreparato, ed eviti anche di fare l'offeso, consiglio da estendere ai tanti giornalisti che in queste ore si stanno stracciando le vesti perché, sacrilegio, lo spostamento è stato una vittoria dei tifosi. Sì, per una volta hanno vinto i tifosi e ha perso la tv: forse la febbre da piccolo schermo lo ha fatto dimenticare a molti, ma sono proprio i supporters (quelli non violenti, beninteso) i veri padroni del calcio. Padroni in senso buono, perché senza il loro amore, il loro sostegno, la loro inesausta partecipazione, la loro pazienza davanti a calendari sempre più spezzettati, i loro soldi (eh, sì), non esisterebbero né la Serie A, né Mediaset, né Sky. E sarebbe bene che questa vicenda serva a far recuperare un minimo di considerazione in più verso i pacifici fruitori dell'agone calcistico: i fruitori nostrani intendo, perché quelli cinesi, thailandesi o non so che altro sono già abbastanza tutelati, e non si offenderanno per un Genoa - Samp mancato. E ora, buon derby, e vinca il migliore. 

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