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domenica 11 ottobre 2015

VERSO EURO 2016: L'ITALIA SI QUALIFICA. FINALMENTE PERSONALITA' E POCA SOFFERENZA

                                               Per Darmian primo gol in azzurro

Qualificarsi per la fase finale di un grande torneo è sempre impresa degna di nota. Certo, non va dimenticato quanto più volte ripetuto negli ultimi dodici mesi, qui sul blog: non arrivare a Francia 2016, a quell'orrendo maxi Europeo allargato a 24 squadre, era un'impresa quasi irrealizzabile, anche impegnandosi a fondo. La logica diceva questo, poi la realtà e il campo parlano sovente altri linguaggi. E il campo, da settembre 2014 a oggi, ha proposto alla nuova Italia di Antonio Conte un girone che, come da tradizione, si è complicato strada facendo, non tanto per défaillance nostre (sei vittorie e tre pari sono un ruolino di marcia accettabilissimo, anche se non entusiasmante per come è maturato) quanto per la puntuale resurrezione di una rappresentativa, in questo caso la Norvegia, ritenuta alla vigilia non particolarmente pericolosa, e poi salita talmente di tono da poter ancora ambire, in caso di vittoria a Roma martedì prossimo, al primo posto nel raggruppamento. Ma è stata una tendenza generale di queste strane eliminatorie, che hanno riportato alla ribalta selezioni da tempo silenti come Irlanda del Nord, Austria (graditissimo ritorno, in attesa dell'Ungheria) e Galles, e fatto impennare le quotazioni di piccole realtà come l'Albania e soprattutto la stupefacente Islanda. Quanto alla... impossibilità di non qualificarsi, gli azzurri sono maestri nel complicarsi la vita anche nei percorsi più favorevoli, ma in questo caso c'è chi ci ha superati, e parliamo dell'insospettabile Olanda, terza nel mondo, spesso e volentieri rullo compressore nei gironi di qualificazione e oggi, invece, addirittura a un passo dall'eliminazione. 
NONOSTANTE LA CRISI - Così girano le cose del pallone, e allora brindiamo pure a questo primo, parziale traguardo centrato dalla nostra Nazionale. Non a champagne, magari, un vinello leggero è più che sufficiente... Brindiamo, perché la qualificazione europea giunge nel bel mezzo di una congiuntura fra le più sfavorevoli che il nostro movimento abbia mai attraversato, dagli anni Cinquanta del secolo scorso. Provateci voi a mettere insieme una rappresentativa a discreto tasso di competitività, quando le big della Serie A (e spesso anche le medie e medio - piccole) hanno roster e formazioni titolari intasate da stranieri, il più delle volte di dubbio valore, coi nostri ragazzi a intristirsi in panchina, in tribuna o nelle serie inferiori. 
Prandelli prima e Conte dopo hanno già fatto miracoli, in tal senso, riuscendo a formare gruppi azzurri assolutamente decorosi; e hanno anche dimostrato che la presunta crisi del nostro vivaio è una realtà sicuramente esistente, ma parziale, cioè non così terrificante come dipinta da qualcuno. Perché se è innegabile che in prima linea stiamo pagando lo scotto di un vuoto generazionale preoccupante (o più probabilmente del ritardo di maturazione di alcuni elementi di buonissime potenzialità, come Immobile e Zaza), in altri reparti gli uomini affidabili non mancano. Nella zona nevralgica e sulla trequarti abbiamo validissime alternative, e dietro stanno timidamente affacciandosi ragazzini che conquisteranno presto la ribalta: soprattutto Rugani, se guadagnerà fiducia in maglia Juve, e Romagnoli, che non è il nuovo Nesta ma che di certo supererà i primi impacci rossoneri, dovuti anche a una situazione tecnica generale del club che certo non favorisce l'inserimento dei giovani (ne sta pagando lo scotto, per inciso, anche il buon Bertolacci, che ha ampiamente dimostrato le sue doti nelle ultime stagioni e certo non può essersi imbrocchito in un paio di mesi). 
LA CARATURA INTERNAZIONALE NON MANCA - Insomma, forse il nostro cittì volutamente esagera, quando dice di voler andare nell'Exagone, in giugno, per puntare al bersaglio grosso, ma non gli si può dare torto. In primis perché non servono undici fenomeni per fare strada in una competizione (vincere è un altro discorso): bastano cinque - sei elementi di statura internazionale, e noi li abbiamo, dall'eterno Buffon a Bonucci, da Verratti a Candreva e a Darmian, nell'attesa del ritorno in auge di Balotelli e Pepito Rossi e dello "svezzamento" di qualche altro virgulto. In secondo luogo, perché piangersi addosso imprecando alla carenza di nuove leve non fa che minare ulteriormente il carattere di una squadra che invece, per tradizione storica e per risorse di talento, ha il dovere  e le capacità di andare a giocare su tutti i campi con personalità e piglio moderatamente aggressivo, come finalmente i nostri han saputo fare ieri in Azerbaigian. 
PARTITA BEN INTERPRETATA - Certo, l'ostacolo non era di quelli insormontabili, ma anche questa è una considerazione che lascia un po' il tempo che trova, parlando dell'Italia degli ultimi anni: una squadra che ha incontrato enormi difficoltà anche solo per incassare i tre punti contro avversari come Malta e Far Oer, o contro gli stessi azeri all'andata a Palermo (soffertissimo 2-1). Questa volta, invece, tutto è filato abbastanza liscio: unico momento down, il parziale abbassamento di ritmo giunto poco dopo la stilettata di Eder, anche se va detto che il pari di Nazarov è stato frutto di una momentanea défaillance del reparto arretrato, e non certo il naturale prodotto di una lunga fase di predominio dei padroni di casa; e comunque, in precedenza Pellè aveva sfiorato il raddoppio con una conclusione da centro area. Superata l'impasse per l'incidente di percorso, i nostri hanno continuato a macinare gioco con discreta continuità, e con una rapidità che sovente, purtroppo, è andata a discapito della precisione. Ma il pallino è sempre rimasto nelle mani degli azzurri, che hanno sollecitamente trovato il 2-1  e nella ripresa altre segnature avrebbero potuto mettere in carniere, prima e dopo la fiondata di Darmian per il 3-1 finale. 
VERRATTI, DARMIAN E IL FARAONE SUGLI SCUDI - Insomma, fatta la tara ai competitors, è stata una delle gare del biennio che più ha lasciato un dolce sapore in bocca, per le risultanze positive in tema di approccio mentale e di rendimento dei singoli. Verratti ha mostrato un buon campionario delle sue doti: concretezza in fase di filtro, buon palleggio per dettare i ritmi nel mezzo, lancio millimetrico a tranciare le linee difensive nemiche. Il citato Darmian ha regalato il consueto buon contributo nelle due fasi e trovato il primo successo personale in rappresentativa, El Shaarawy è stato il più vivace e generoso in fase propositiva, tentando più volte la conclusione e siglando un gol facile facile ma meritato, Parolo ha inciso poco ma è cresciuto nel finale, luci e ombre per un Candreva che deve decidersi a gettare la maschera, riversando anche in azzurro l'esplosività di tante sue gare con la maglia della Lazio. Ma la sostanza generale del match, lo ripetiamo, è stata assolutamente incoraggiante. Già il fatto di non aver sofferto che per pochi minuti, fra l'1-1 e l'1-2, è una conquista, se pensiamo agli stenti di tante prove recenti. Un solo consiglio in vista di Roma: si lascino da parte i gratuiti lamenti sui meccanismi che regolano il ranking FIFA e si batta la Norvegia, come già si è fatto all'andata: il terzo torneo consecutivo senza il ruolo di testa di serie sarebbe inaccettabile, per il blasone del nostro calcio. 

1 commento:

  1. Con la conclusione mi hai tolto le parole di bocca: è una partita da vincere. Non è che si vince per il ranking o per fare chissà che record o per far dormire al CT sonni tranquilli. E' una di quelle partite in cui serve la vittoria per la classifica, per la testa di serie e per la squadra... cosa c'è di più importante?
    Comunque Verratti nelle ultime 2 stagioni si guadagnato una delle prime posizioni nella mia personale classifica dei centrocampisti più forti (e qui ci sarebbe da parlare di completezza, competitività, stile e via dicendo).

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