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venerdì 17 febbraio 2012

SANREMO 2012, TERZA SERATA: SILENZIO, CANTANO I MITI ROCK

Certo, si può dire tutto il male possibile di Sanremo (e difatti sono in molti a farlo, a volte con argomenti solidi, altre volte senza averlo mai visto veramente se non a spizzichi e mozzichi, ancora più spesso solo perché sparlarne fa tanto trendy e "gggiovane"). Però poi vedi spuntare sul quel palco la sagoma minuta e il volto spigoloso di Patti Smith, che ti regala un'interpretazione da brividi di "Impressioni di settembre" (col fondamentale apporto dei sottovalutati Marlene Kuntz) aggiungendovi a buon peso una delle canzoni simbolo della storia del rock, "Because the night". E poco prima avevi ricevuto una scarica di adrenalina da un certo Brian May, la cui simbiosi perfetta con la sua chitarra è ancora in grado di sprigionare sensazioni e vibrazioni che fanno bene al cuore e all'anima. E allora pensi che pur con tutti i suoi difetti, pur nella necessità innegabile di migliorarla, sarebbe folle colui che, un giorno, decidesse di mandare in pensione questa rassegna. Perché si parla fin troppo di celentanate, Ivanke e farfalline (non qui, peraltro), ma poi si scopre che la musica al Festival c'è, sa ancora conquistarsi a forza un ruolo da protagonista e costruire serate - evento da brivido. Senza trovate di dubbio gusto quando non proprio trash, ma solo con la forza dell'arte e del talento. 
LEGGENDE ROCK - In un happening come quello di ieri sera, costruito sull'apporto di cantanti stranieri chiamati a cimentarsi su un repertorio italiano, il rischio dell'infortunio, della caduta di tono, dell'approssimazione figlia dell'improvvisazione (causa limitato tempo a disposizione per le prove) è sempre dietro l'angolo. Qualcosa è successo di "storto", ma alla fine il bilancio è chiaramente in attivo. Patti Smith, dicevamo: il carisma è sempre magnetico, la voce è limpida e potente come quella di una ragazzina, "Because the night" è più di un evergreen, è una leggenda.  E che dire di quella "Impressioni di settembre" sapientemente cesellata col corposo supporto dei Marlene, finalmente liberi dal peso della gara e in grado di riappropriarsi compiutamente della loro anima rock? 
Rock vuol dire anche Brian May, mister Queen, i cui assolo alla chitarra, nella loro perfezione geometrica e devastante esplosività, hanno sprigionato energia ma anche tanta nostalgia per ciò che è stato e non è più. Sono stati i due picchi della serata, ma personalmente ho trovato di grande suggestione l'abbiamento tra i Matia Bazar (della cui solista, Silvia Mezzanotte, non si ricordano né stecche né minime incertezze a memoria d'uomo: è davvero impeccabile e molto meno "fredda" nell'interpretazione di quanto si dica) e un Al Jarreau forse un po' invecchiato, ma ancora in grado di sprigionare tutta la qualità del suo eclettismo vocale e di una mimica da consumato performer.
VOCI EMOZIONANTI E SUGGESTIVE - Efficace ed equilibrato l'impasto creatosi, in "Never never never" (Grande grande grande) tra la voce potente e ricca di arabeschi di Nina Zilli e quella morbida di Skie dei Morcheeba, di cui ricordo un altro vellutato duetto italiano con Alice in "Open your eyes", alla fine dei Novanta. Feeling in quantità, con leggere pennellate di blues e jazz, nell'accoppiata Sarah Jane Morris - Noemi in "Amarti un po'" nella doppia versione italo - inglese, con la "bonus track" della citazione di un successo di Tracy Chapman, che persolamente adoro. Quanto a Noa, beh, se non ha già la cittadinanza onoraria qualcuno gliela dia, per favore: emoziona e quasi commuove il genuino entusiasmo che manifesta ogni volta che è chiamata a interpretare brani della nostra tradizione; ama il nostro Paese e la nostra musica, tanto che alcuni anni fa accettò perfino di venire a Sanremo in gara (ho ricordato l'evento in un mio post amarcord di qualche giorno fa): allora, era il 2006, suoi compagni di avventura furono Carlo Fava e i Solist String Quartet, e questi ultimi erano di nuovo con lei ieri sera: assieme a Eugenio Finardi, hanno regalato una rilettura originale di "Torna a Surriento", lei sulla dolce melodia italiana, lui sulle note scatenate della versione "presleyiana".
I NUOVI DIVI - Non particolarmente svettanti, ma comunque gradevoli, nel segno del più tradizionale pop da classifica, le abbinate fra Dolcenera (sempre più sicura di sé) e il rapper Professor Green in "Vita spericolata" (fra i due un'intesa frutto di una collaborazione già in corso da alcuni mesi), e  fra Emma e uno degli artisti più gettonati del momento, il Gary Go di "Wonderful". Dalla Spagna, Francesco Renga ha portato una voce in grado di rinverdire una tradizione iberica di stampo melodico che, dalle nostre parti, stava un po' appassendo, dopo gli exploit ormai datati dei vari Julio Iglesias, Bertin Osborne ed El Puma (tutti transitati dal Festival in tempi diversi): tra la voce "tonante" dell'italiano e quella alla Fausto Leali di Sergio Dalma, classica performance da mandare in sollucchero un pubblico tradizionalista come quello dell'Ariston, e c'è da dire che il brano scelto, "Il mondo" di Jimmy Fontana, ben si prestava alla bisogna.
GLI ALTRI - Non ha perso smalto Josè Feliciano, peccato che venga periodicamente richiamato in Italia sempre e solo per reinterpretare "Che sarà" (mi pare l'avesse già fatto al Sanremo del 1998): eppure è un artista pluridecorato per diverse opere, nel suo continente. Spiazzante la versione di "Romagna mia" dell'orchestra di Goran Bregovic, ricca come sempre di suggestioni tzigane ed etno - folk, mentre non troppo convincente è apparso il danese Mads Langer: "Anima e core" è pane per i denti di Lucio Dalla, ma non pareva proprio nelle corde del giovane nordico. Una considerazione che ci introduce ai veri e propri flop della serata: l'ouverture era stata affidata a Shaggy, la cui performance è stata a tratti irritante. Sfiatato, alle prese con una canzone decisamente fuori target rispetto al suo stile, "Io che non vivo", ma di certo lui non ha fatto molto per adattarvisi, e ha preferito puntare sull'ennesima riproposizione del suo ormai fiacco tormentone "Mr. Boombastic".
Deludente anche Macy Gray col duo D'Alessio - Bertè: fermo restando che un gioiellino come "Almeno tu nell'universo" è una di quelle canzoni che non dovrebbero mai essere "coverate", in quanto cucite su misura per l'interprete originale (avevo trovato parecchio deludente anche la versione di Elisa di qualche anno fa, pur baciata da buon successo), mi è parso che Loredana abbia voluto strafare e appropriarsene, e del resto era per lei la prima vera occasione di omaggiare in musica su quel palco la sorella scomparsa, Mia Martini: la Gray ha preso atto e si è ritrovata confinata a una parte marginale della performance, che peraltro non ha certo onorato, mostrando scarsa ispirazione ed eccessivo distacco. Dopodiché D'Alessio non ha perso occasione per promuovere un suo nuovo brano cantato assieme alla stessa artista americana: non mi è parso un gesto opportuno ed elegante, e sinceramente non ricordo se sia mai successo che un cantante in gara abbia lanciato, nel corso della manifestazione, un altro suo pezzo inedito.
PRESENTATORI IN DIFFICOLTA' - Il discorso sulle delusioni ci introduce a una lettura critica dell'andamento generale della serata. Che, appunto, sul piano del contorno all'happening musicale ha mostrato la corda, e non poco: Morandi è parso stanco e a corto di idee, schiavo del gobbo elettronico e di testi certo poco esaltanti, che però lui non è mai in grado di vivacizzare con guizzi di fantasia e improvvisazioni. Ciò che invece non manca a Rocco Papaleo, sapientemente stralunato, sinceramente entusiasta ma anche in grado di regalare sporadici sprazzi della sua preparazione attoriale. Dovrebbe avere un ruolo meno marginale nella conduzione. Tornando al "Gianni nazionale", è riuscito perlomeno ad evocare sul palco più nazionalpopolare che ci sia un artista di nicchia e forse dimenticato dai più come Goran Kuzminac: l'ha fatto involontariamente, in quanto doveva presentare Goran Bregovic, ma vuoi mettere la soddisfazione per noi nostalgici della musica Settanta - Ottanta? E' pressoché di nuovo sparita Ivana Mrazova: poche incerte presentazioni e una lunghissima assenza dal palco nel corso della serata. Saranno i postumi del malanno, ma rimane la sensazione che i soldi si potessero spendere meglio (e in quantità minore). Viceversa, era da sfruttare di più la presenza di Federica Pellegrini, che, vista la sua disinvoltura, poteva fare da autentica "copresentatrice aggiunta" e si è invece limitata alla classica ospitata sanremese.
RIPESCAGGI - Infine, il répechage dei Big: anche qui, tutto secondo copione. Quando decide solo il televoto e in gara ci sono un ragazzo di "Amici" e uno dei più popolari divi pop del momento, non può esserci speranza per gli "alternativi" come i Marlene Kuntz, che, probabilmente consci delle loro residue chances, si son subito giocati il duetto del venerdì (peccato per la collocazione oltre l'una di notte, anche se Samuel dei Subsonica non è che abbia aggiunto quel quid in più capace di stravolgere e innalzare la canzone). Ci credeva invece Irene Fornaciari, contestata da più parti e che forse solo a me, in queste tre sere, è parsa calata appieno nel pezzo che le ha cucito addosso Davide Van de Sfroos, da lei ben reso con una interpretazione trascinante. Peccato.

1 commento:

  1. bella serata, ma lunghissima! I cantanti da ripescare sono andati in scena dalle 00,30 in poi, i Marlene, gli ultimi a esibirsi, dopo le 1,00.. assurdo! Comunque, per un attimo mi soffermo sui ripescaggi scontati e su una anomalia del regolamento. Mi ha fatto un piacere enorme vedere Samuel Romano dei Subsonica (gruppo che apprezzo... tra l'altro ho avuto modo anche di intervistarlo a inizio carriera) con Godano e company ma il duetto andava fatto eventualmente stasera... per lo stesso motivo sul palco ci doveva essere anche Davide Van De Sfroos con Irene e anche Grignani con Carone ecc... mah, non l'ho capita sinceramente, forse ha prevalso la casa discografica dei Subsonica che ha imposto che Samuel comunque cantasse in coppia e facesse la sua apparizione.
    Gli stranieri... assolutamente d'accordo sul riconoscimento dato a Patti Smith e ai Marlene, sicuramente più a loro agio in un contesto davvero rock! Godano non era intimidito, anzi, parla la stessa lingua, il background è simile...loro avevano già composto per una raccolta la celebre canzone della PFM... poi lei è un MITO della storia della musica, icona dark, post punk e rock! Ottima anche Noa, stupenda interprete, che brava con i cavalli di battaglia napoletani! Ottimo anche Bregovic, uno dei miei compositori preferiti, adoro i film di Emir Kusturica, di cui lui cura sempre le colonne sonore.

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