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venerdì 29 giugno 2018

MONDIALI 2018: BILANCIO DELLA PRIMA FASE GIRONE PER GIRONE


Tempo di bilanci parziali, a Russia 2018. Il primo turno si è chiuso con un solo 0-0 (la "passeggiata" fra Francia e Danimarca, che decisamente non si sono dannate l'anima per superarsi), 122 gol per una media di circa 2,5 a partita, non male se si pensa che si è trattato soprattutto di una fase interlocutoria della kermesse. Ancora troppi dubbi gravano su buona parte delle grandi, anche se tutte hanno in un modo o nell'altro centrato il traguardo qualificazione, eccezion fatta per la Germania, la cui caduta fragorosa di fronte alla Sud Corea già eliminata resterà negli annali del football.
INUTILE GIGANTISMO - Prima dell'analisi dettagliata girone per girone, mi limito ad osservare che la FIFA continua ad allargare il campo dei partecipanti alla manifestazione (dal 2026 48 rappresentative, a meno che la riforma non venga anticipata a Qatar 2022), ma alla fine siamo sempre e comunque dove eravamo trenta o quarant'anni fa, più o meno: l'Africa è stata cancellata nonostante le prove generose del Senegal e qualche sprazzo di buon calcio mostrato dalla Nigeria; cinque rappresentanti per il Continente nero sono già fin troppe, così come altrettante per l'Asia, col solo Giappone a superare (col fiatone) le forche caudine del girone eliminatorio, mentre della Corea del Sud rimane l'animosa prova contro gli ex campioni e dell'Iran l'impresa sfiorata in quel finale all'arma bianca coi portoghesi. E che dire dei tre posti  Concacaf (Nord e Centro America)? Ce l'ha fatta il solito Messico per il rotto della cuffia, nulla da fare per i debuttanti di Panama e per la Costarica, che comprensibilmente non è riuscita a ripetere l'incredibile exploit di quattro anni fa.
Sempre brillante il Sud America, che ha perso il solo Perù ma che comunque vanta la partecipazione del 50 per cento delle sue federazioni, qualche scricchiolio per la vecchia Europa che comunque regge più che dignitosamente, avendo perso quattro delle sue quattordici rappresentanti ma anche presentato alla ribalta protagoniste inattese, come le sottovalutate Svezia e Svizzera. Voglio dire, la distribuzione dei posti alle varie confederazioni è già generosa attualmente, nei confronti dei continenti più giovani calcisticamente: perché questa esigenza di continuo gigantismo?
LE BELLE PARTITE - La pletorica fase a gironi ha offerto spettacoli di grana buona, ma pochi picchi di eccellenza, ossia gare in cui il buon rendimento delle due contendenti si è accompagnato alla presenza di valori tecnici di spessore e alla piena espressione degli stessi: diciamo Portogallo-Spagna e non ci sbagliamo, aggiungiamo Serbia-Svizzera, Germania - Svezia, Colombia-Polonia grazie ai cafeteros, Argentina-Croazia per merito di questi ultimi. Belgio e Inghilterra hanno divertito contro Panama, ma era, per l'appunto, Panama, ossia una debuttante assoluta senza grandi mezzi per ben figurare. Uruguay e Giappone sono andate avanti grazie a organizzazione e concretezza, il Messico ha staccato pericolosamente la spina nell'ultima gara dopo aver dato scacco matto ai panzer, alcune "piccole" (Marocco, Iran, Corea) hanno offerto spunti di eroismo sportivo approfittando anche della debolezza, transitoria o definitiva, degli illustri avversari, la Francia ha più nascosto che esposto i suoi giovani assi, il Brasile sta carburando ma non traduce in adeguate quantità di gol la gran mole di lavoro di costruzione, l'Argentina... Basta, il resto lo leggerete sotto. Non prima di aver sottolineato un dato: benedetta Goal Line e benedetto anche il Var, fallibile perché manovrato da esseri umani ma comunque in grado di abbassare notevolmente il numero di svarioni arbitrali e, di conseguenza, di musi lunghi e polemiche.
GIRONE A - Un gruppo soft per non far troppo penare i padroni di casa. I patiti di storia del calcio ricorderanno Francia '98, quando Les Bleus di Zidane ebbero di fatto una prima fase di allenamento, venendo opposti a Sudafrica, Arabia Saudita e Danimarca. Ebbene, medesimo trattamento per gli uomini di Cherchesov, con la stessa Arabia, l'Egitto e l'Uruguay, e i due avversari più deboli da affrontare subito per mettere in ghiaccio la qualificazione. Così è stato, e la Russia ha pur mostrato un buon gioco d'assieme, spogliatoio moralmente solido e qualche picco tecnico notevole (Cerysev, Dzjuba), per poi cedere di schianto all'Uruguay in una caduta non priva di conseguenze, visto che le ha recapitato un avversario terribile per gli ottavi, la Spagna. Quanto ai sudamericani, hanno convinto più per concretezza che per il tono estetico del gioco espresso: ma ciò che hanno raccolto lo hanno meritato, Suarez ha smaltito in fretta la delusione per i gol mancati al debutto con l'Egitto, gli altri "grandi vecchi" Godin e Cavani tengono botta egregiamente, Gimenez mostra la sicurezza dei veterani e stanno emergendo i "genovesi" Laxalt e Torreira. Una squadra che non ruba gli occhi, ma è compatta e ben coperta. Può anche andare oltre l'ottavo col Portogallo, CR7 permettendo. 
GIRONE B - Pronostici rispettati alla lettera, Spagna prima e Portogallo secondo, ma la classifica è maturata attraverso sentieri tortuosi. Soprattutto nell'ultima giornata, le due grandi hanno rischiato l'inverosimile, i lusitani addirittura un'eliminazione in extremis che non sarebbe neppure stata scandalosa, di fronte a un Iran volitivo, aggressivo e tecnicamente non disprezzabile. Delle due iberiche ho scritto in un post dopo lo scontro diretto: il team di Fernando Santos, che già a Euro 2016 aveva mostrato di avere la sua forza nell'organizzazione difensiva, nel gioco al risparmio svolto nell'attesa di stanare avversari arrembanti, in Russia pare avere ulteriormente accentuato la sua vocazione sparagnina: tanti gregari al servizio di Ronaldo, che per fortuna dei rossoverdi in questo Mondiale si è acceso assai spesso. Solo nel debutto la Spagna ha mostrato sprazzi di raffinatezza  e di efficacia all'altezza della sua età dell'oro, poi è andata in calando e ha manifestato black out preoccupanti, soprattutto contro il Marocco. Del resto, l'incredibile avvicendamento in panchina poco prima del Mondiale non poteva non lasciare qualche strascico, quantomeno psicologico, magari anche solo a livello inconscio. 
GIRONE C - Anche qui tutto come previsto, ma il Perù avrebbe meritato di più: al ritorno sulla ribalta iridata dopo ben 36 anni, ha mostrato un gioco verticale, sempre rivolto verso la porta avversaria, propositivo, ma anche eccessiva prodigalità al momento di finalizzare. La Francia ha marciato col freno a mano tirato, mostrando le sue vere potenzialità in venti minuti di grana fine con i sudamericani e per il resto "dosandosi" col bilancino: il talento è tanto, i muscoli pure, ma l'Argentina già agli ottavi era di certo un'avversaria inattesa. Danimarca al traguardo senza grossi lampi e con un pizzico di buona sorte. Piuttosto triste il match fra transalpini e nordici, che hanno giocato a ritmi ridotti e senza dannarsi l'anima in fase offensiva, per uno zero a zero utile a entrambe. 
GIRONE D - La qualificazione argentina? Per ora è solo un brodino caldo. Da vedere nel prosieguo dove arriverà la Selecciòn, che continua a non convincere, anche nella versione parzialmente rivitalizzata vista con la Nigeria. Un buon primo tempo, un gran gol di Messi, poi, dopo il pari su rigore degli africani, è salito il nervosismo, la squadra pareva paralizzata dalla paura, e sono riemerse le pecche già note: una manovra in cui il filo logico si vede solo a tratti, la mancanza di idee chiare sul piano tattico, improvvisazione in molte fasi di gioco. Ci ha dovuto pensare il "terzino" Rojo a sbrogliare la matassa, ma per quanto visto finora il team di Sampaoli non sembra destinato a percorrere un lungo cammino. Resurrezioni improvvise come quella dell'altra sera possono però scatenare balzi di rendimento impensabili.
Rimane il dubbio sulla guida tecnica; se il cittì è stato davvero esautorato, la "pace" in seno all'albiceleste non potrà durare a lungo: le autogestioni dei calciatori non hanno mai portato nulla di buono. Ora come ora scommetterei maggiormente sulla Croazia, a volte bella a vedersi, sempre estremamente pratica, con solisti capaci di giocate sontuose ma mai fini a loro stesse (Rakitic e Modric). Sulla ribalta mondiale i limiti di talento dell'Islanda sono emersi brutalmente, mentre la Nigeria, sul piano del rendimento complessivo, meritava la qualificazione quanto l'Argentina, ma nel secondo tempo dello scontro diretto ha mancato tre o quattro palle gol nitide, e a certi livelli gli sprechi si pagano. 
GIRONE E - Il Brasile dei giocolieri e dei fuochi d'artificio offensivi è un lontano ricordo. La Seleçao ormai da anni bada soprattutto al sodo, pur non trascurando le finezze stilistiche, solo che nella versione Russia 2018 ha palesato due lacune non da poco: non riesce a raccogliere in proporzione a quanto semina (vedi sfide con Svizzera e soprattutto Costarica) e non sembra sempre in totale controllo della partita. Nell'ultimo incontro, ad esempio, in vantaggio sulla Serbia al culmine di un buon primo tempo, ha poi ceduto le redini della gara agli avversari, che caricavano infuriati minacciando a più riprese Allison. Ci ha dovuto pensare un difensore, un Thiago Silva mortifero come nel 2014, a chiudere i conti e a consentire ai suoi un po' di accademia.
Si aspettava Neymar, tanto fumo e poco arrosto, teso come una corda di violino e in grado di deliziare le platee solo a risultato acquisito, ed è arrivato invece un Coutinho forma e sostanza (qualcuno in Italia dovrebbe mordersi le mani). La Svizzera è meritatamente seconda: ha mostrato di saper soffrire in trincea (Brasile) ma anche di riprendere in mano un match e capovolgerne l'esito alzando con disinvoltura il baricentro, spingendo sull'acceleratore, trovando coraggio nelle soluzioni di tiro (contro la Serbia). Kolarov e compagni troppo a corrente alternata per puntare in alto, Costarica chiude con un punto e può andar bene così: d'accordo, aveva sfiorato la semifinale quattro anni fa, ma non è una grande potenza del football in grado di garantire risultati con continuità da un mondiale a un altro. 
GIRONE F - Toh, la Svezia al primo posto! Abbiamo passato mesi a fustigarci per aver ceduto il playoff di novembre a una squadra modesta, e invece... La verità è che quella scandinava era e rimane una compagine limitata qualitativamente e tatticamente: però ha fiato, strategia essenziale e lineare, e tre o quattro elementi di classe ed esperienza (Granqvist, Claesson, Forsberg, Berg). Un'Italia meglio gestita e meglio costruita poteva superarla, non ce l'ha fatta e non ce la stava facendo nemmeno la Germania, che sui gialloblù si era imposta fra mille riserve, e il cui declino è stato snudato dalla malizia messicana prima e dal muro coreano dopo, in una di quelle partite che rimarranno pietre miliari nella storia della Coppa del Mondo. Rinnovare si deve, come scritto l'altroieri: del resto, alcuni degli ex campioni iridati sono sulla breccia da otto anni e oltre. Il Messico è partito sparato e poi ha perso giri, sognava un calendario comodo per toccare finalmente la boa dei quarti, invece il crollo coi nordici l'ha dirottato fra le braccia del Brasile. Auguri.
GIRONE G - Tutto troppo facile per Belgio e Inghilterra, che hanno tolto di mezzo la fragile opposizione tunisino - panamense senza troppi problemi, a parte le sofferenze inglesi contro gli africani (sofferenze non di gioco, quanto di difficoltà nel trovare la rete risolutiva). Sarebbe stato bello vedere le due europee giocarsi il primo posto con le formazioni titolari, come fecero Italia e Argentina nella celeberrima sfida di Baires '78, ma così non è stato, e quindi ben poche considerazioni si possono trarre dall'ultima vittoria del team di Martinez, che nelle due precedenti uscite aveva destato una grossa impressione per armoniosità di manovra, copiosa produzione di gioco offensivo e di reti, ma gli avversari erano poco più che sparring partners. Poi, che i Diavoli Rossi annoverino nelle loro file elementi dai piedi buonissimi e di vasta esperienza internazionale non lo scopriamo oggi, e hanno tutto per andare molto lontano. L'Inghilterra è squadra "a fari spenti", con poche stelle di prima grandezza (Kane su tutti) ma tanti uomini di buon talento, una formazione dal gioco piacevole e redditizio. Se supera il terribile esame colombiano, diventa autorevole candidata alla Coppa.
GIRONE H - Grosso spavento per la Colombia, sfortunata il giusto all'esordio col Giappone ma poi rimessasi brillantemente in carreggiata, come esigeva il suo enorme carico di talento, anche se nell'ultima gara ha mostrato ancora qualche impaccio di troppo. James Rodriguez non ha la continuità ai massimi livelli di Brasile 2014, ma dispensa qua e là gemme di calcio doc (perfetto il suo assist per Cuadrado nel 3-0 alla Polonia). Senegal beffato sul filo di lana dal Giappone: africani peraltro parsi al di sotto delle loro possibilità, mentre gli uomini del Sol Levante hanno davvero fatto il massimo coi mezzi a disposizione. Evento storico: per la prima volta una qualificazione, quella dei nipponici, è stata decisa dal fair play, per il minor numero di cartellini gialli a parità di tutti gli altri criteri di "spareggio". Attesissima era la Polonia, divenuta invece la più grossa delusione del torneo (Germania a parte). Involuta e prevedibile, priva di forza penetrativa, fragile in tutti i reparti, ormai specializzata in vittorie inutili ad eliminazione già consumata (accadde anche nelle precedenti esperienze del 2002 e del 2006). Gli eredi di Lato, Deyna, Boniek, Zmuda e Smolarek devono ancora nascere.

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