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venerdì 15 giugno 2012

DIARIO EUROPEO: ITALIA IMMATURA E INCOMPIUTA, MA PUO' ANCORA SPERARE

                                          Mandzukic fredda Buffon: è il pari croato

L'Italia ha fallito la prova della maturità, e rimane, per ora, nel limbo delle "grandi incompiute", delle squadre da "vorrei ma non posso". Quel tipo di squadre di cui avevo fatto un ritratto a stagione in corso, riferendomi ai club nostrani incapaci di avanzare nelle Coppe: compagini che sciorinano spesso calcio di pregio, tatticamente anche scaltre e con buone individualità, ma alle quali manca sempre quel "quid" per coprire l'ultimo metro che le separa dal traguardo.
Ammetto di essere rimasto sorpreso e deluso: a chi paventava il fantasma di una chiusura di girone a rischio "biscotto", in stile Euro 2004, avevo ribattuto che la Nazionale azzurra versione 2012 dava molte più garanzie, sul piano del gioco e della mentalità, rispetto a quella bolsa e intristita dell'ultimo Trapattoni. E invece, al tirar delle somme, il copione del match con la Croazia ha ricalcato pedissequamente quello della seconda sfida del torneo di otto anni fa, contro la Svezia: dopo un primo tempo di spessore, spettacolare e ricco di occasioni, ma chiuso con un solo gol di vantaggio (di Cassano, all'epoca molto meno "soldatino" e infinitamente più scheggia impazzita, spessissimo letale sotto porta), la metamorfosi totale nella ripresa, con inevitabile pareggio - beffa conclusivo (il tacco acrobatico in stile karate di Ibrahimovic).  
Analogie inquietanti, con la speranza che il finale, questa volta, sia diverso. Rimane il fatto che i ragazzi di Prandelli abbiano gettato al vento un'occasione colossale. La Croazia è compagine "ispida", tecnicamente anche pregevole in alcune espressioni individuali: ma non è più forte di noi, e la prima frazione lo ha dimostrato. Nei 45 minuti iniziali ho ammirato l'Italia che mi aspettavo, che è poi l'Italia vista tante volte in questo biennio. Una squadra capace di prendere l'iniziativa anche contro avversari reputati e di qualità, di menare le danze creando gioco e occasioni; una squadra, però, che anche quando è "in palla" non sempre riesce a dare sufficiente continuità alla sua spinta, e che soprattutto non raccoglie in rapporto a quanto produce. 
BELL'ITALIA - Comunque non si poteva non essere contenti, all'intervallo, per volume di gioco sviluppato e per approccio alla gara: gli azzurri sapevano di dover vincere e si sono regolati di conseguenza, prendendo in mano il pallino, con una pausa nella fase centrale in cui è momentaneamente riemersa la Croazia. De Rossi ripeteva in parte la prova con gli spagnoli, giostrando in posizione più "alta" e concedendosi dunque più licenze, vista la minore pericolosità degli avversari; Marchisio era in formato Juve, con una illuminata recita a tutto campo e sontuosi inserimenti in avanti, mentre Pirlo, alla lunga, riusciva a liberarsi dell'asfissiante controllo "nemico" trovando spazi sempre maggiori per azionare il suo genio; persino Giaccherini trovava il modo di emergere con sganciamenti estremamente ficcanti, mentre dall'altro lato Maggio continuava a dispensare agonismo e corse a perdifiato, ma pure scarsa lucidità. 
Anche l'opera di contenimento era eccellente, con sbarramenti mobili e una copertura capillare, rabbiosa e attenta di tutto il terreno. Il team di Bilic era in soggezione e subiva pericoli copiosi: due volte Balotelli, due volte Marchisio e una Cassano mancavano occasioni ghiottissime, che alla lunga avrebbero suscitato enormi rimpianti. Si andava al riposo su uno striminzito 1 a 0, siglato per di più su palla inattiva da Pirlo, laddove almeno un'altra rete per i nostri ci sarebbe stata tutta. 
METAMORFOSI - Tutto bene, insomma, ma le partite, corre voce, durano novanta minuti. Per cui adesso si dovrà riflettere, e riflettere bene, sull'Italia vista dopo la pausa: un'Italia che non sapeva più aggredire come prima, che improvvisamente non trovava più gli spazi per manovrare e che andava a impantanarsi nel reticolato avversario, eluso invece ripetutamente e in agilità nel primo tempo. Calo fisico? "Braccino" da vittoria? Personalità inadatta a certi palcoscenici? Sta di fatto che la Croazia era libera di avanzare il baricentro costringendo i nostri ad arretrare progressivamente. Uno sbandamento difensivo completava il quadro, e dava il pari ai biancorossi su quella che, va detto obiettivamente, è stata una delle poche azioni autenticamente insidiose create da Modric e compagni. Ma senza la nostra improvvisa involuzione, i nostri avversari mai e poi mai sarebbero stati in grado di rimettere il naso fuori dalla tana: l'inerzia del match era chiaramente azzurra. 
Ecco, dunque, la bocciatura alla prova di maturità di cui si diceva in apertura. Dopo una prima frazione come quella di oggi, una squadra "adulta" e di autentica caratura internazionale deve saper gestire la situazione. Deve sfruttare adeguatamente la propria superiorità offensiva, e, se non ci riesce, deve almeno essere in grado di difendersi senza andare in affanno, senza concedere campo ad avversari buoni ma non eccelsi. Non si può andare in confusione alle prime avversità, smarrirsi completamente dopo aver subito un gol. Nel solco della brutta china presa, c'è stata certo anche un po' di sfortuna, ma l'auspicata crescita spontanea, dopo aver brillantemente superato il battesimo del fuoco spagnolo, è mancata clamorosamente. 
BISCOTTI? NO, GRAZIE - E adesso? Innanzitutto ci andrei piano coi de profundis. La Spagna non mi pare una squadra incline alle "torte": onora il calcio, e il bel gioco, sempre e contro chiunque, mai si snaturerebbe e si piegherebbe a calcoli di opportunismo e convenienza. A parte questo, un altro 2-2, cioè il risultato che ci sbatterebbe fuori, avrebbe il sapore dello sberleffo in faccia all'Uefa: davvero poco raccomandabile.
Certo, poi sta a noi: dobbiamo battere l'Eire, e mi si consenta di dire che mai avevo visto una compagine così male in arnese fra le finaliste dell'Europeo. Forse solo la Bulgaria del 2004, guarda il caso nostra compagna di sventura nel girone del "biscotto", può essere usata come metro di paragone. Ma questa selezione irlandese, per quanto hanno detto le prime due gare, per qualità di gioco e classe dei singoli non dovrebbe stare nemmeno tra le prime trenta del Continente, e non mi spiego come possa essere entrata fra le prime sedici. Non superarla sarebbe delittuoso, anche se, c'è da giurarci, spinti dalla loro panchina "italiana" gli irlandesi giusto al nostro cospetto tireranno fuori risorse impensabili, dopo ripetute umiliazioni: contro i verdi, la Spagna ha giocato come con un punching ball, li ha umiliati con un possesso palla stordente e con accelerazioni micidiali, ha danzato football d'autore in scioltezza in mezzo alle statue di sale della difesa e del centrocampo. Se avesse tenuto un ritmo anche solo un po' più alto, la Selecciòn avrebbe inflitto a Given e compagni una scoppola di proporzioni epocali.

                                        Trapattoni, CT di una brutta Irlanda


CHE BRUTTA EIRE! - Mai vista una tale povertà di schemi, una manovra così monocorde e limitata. E qui entra in gioco Trapattoni, il Trap amato e osannato dalla stampa nostrana (che in realtà ormai lo considera poco più che una macchietta, riprendendone e rilanciandone le conferenze stampa - show, ma non lo ammetterà mai, ipocrita com'è), un allenatore in declino che, non appena si trova a guidare una selezione nazionale in una grande competizione, comincia a dare il peggio di sé. Dopo aver affossato una delle rappresentative azzurre più qualitative di sempre, prima nel 2002 e poi nella versione riveduta e corretta del 2004, eccolo di nuovo, l'immarcescibile. Per carità, giocare contro la Spagna di oggi non è facile per nessuno, ma non un guizzo di fantasia, un'alzata di ingegno, una mossa tattica con cui anche solo provare a smuovere il piattume del gioco, sono arrivate dalla panchina. 
DIFESA A QUATTRO, E POI? - Ecco, non ho timore di dirlo, e pazienza se mi esporrò a brutte figure: l'Italia questa Eire non solo la deve battere, ma deve farlo con largo scarto. Con un primo tempo come quello di oggi, Prandelli non dovrebbe avere problemi a centrare l'obiettivo anche riproponendo la formazione di sempre. Che però secondo me dovrà essere ritoccata, come uomini e modulo: la relativa pericolosità dell'avversario dovrebbe fornire l'occasione per tornare alla difesa a quattro, che tante soddisfazioni ci ha dato dopo l'ultimo Mondiale, rilanciando Balzaretti sulla sinistra (oppure l'eclettico Ogbonna) e riportando la sostanza di De Rossi al centro, dove con la nuova - vecchia formula potrebbe riprendere quota Montolivo, che nel finale con la Croazia è stato l'unico a cercare con determinazione la verticalità e la conclusione (un tiro e un assist malamente sprecato). Insomma, torniamo all'antico e sarà un progresso, come si diceva una volta.
NO A DI NATALE PART TIME - Ma è in avanti che si giocano i nostri destini: se si crede in Di Natale, lo si lanci subito, invece di utilizzarlo come bomber part time (il giochino non sempre riesce, lo si è visto, e alla lunga è punitivo e limitante per il giocatore, oltre a diventare mossa prevedibile dagli avversari), magari dando respiro a un Cassano che peraltro, e non è una novità su questi palcoscenici internazionali, continua a essere poco incisivo, soprattutto in zona tiro. E poi c'è sempre un Giovinco scalpitante, anche se rimango del parere che Borini potrebbe dare a questa squadra quel tocco di freschezza, sfrontatezza  e risolutezza in più che sembra mancare nel momento topico della conclusione. Ma forse è tardi per tentare esperimenti così azzardati e rivoluzionari. 

3 commenti:

  1. l'italia deve solo pensare a vincere. La dietrologia, la paura di biscotti vari (argomentazioni assolutamente fuori luogo in un momento come questo) non servono a nulla! Poi, per quanto io immagini che la Spagna possa vincere agevolmente contro la Croazia, come ben sappiamo il calcio non è una scienza e, parafrasando il tanto bistrattato Dossena di questi tempi, "ci può stare" che le due squadre pareggino! Ma chiaramente questo darebbe adito a mille illazioni! Forza azzurri

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  2. Dossena durante Italia - Croazia mi ha fatto morire: qualsiasi cavolata facessero gli azzurri nel secondo tempo, lui subito: "No, ma va bene, va bene così". Ad un certo punto, il povero Gentili non ce l'ha più fatta, e all'ennesimo "va bene" è sbottato: "Insomma, mica tanto bene...". Eravamo già sull'1 a 1, quindi c'era ben poco di che esser soddisfatti...
    Riguardo ai biscotti non dico nulla, se non che nessuno NEL MONDO, non solo in Europa, può dare (e darci) lezioni di civiltà e di correttezza sportiva. In Spagna quest'anno, fra Serie A e Serie B, a proposito di "meglio due feriti che un morto" qualcosa è successo. Quel che sarà sarà, e se ne parlerà a giochi fatti.

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  3. sì sì è vero, ci ho fatto caso anch'io :-)

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