Cambiare (tanto) per non morire. E' l'ormai consolidato modus operandi del Genoa targato Enrico Preziosi. Rivoluzionare la squadra ogni estate (e spesso anche d'inverno); vendere quasi tutti i migliori talenti per fare cassa e reinvestire in giocatori poco conosciuti e perlopiù giovani (meglio se stranieri), per valorizzarli e farne, un domani, nuovi "crack" del mercato. E' stato così anche quest'anno, in casa rossoblù: rosa rivoltata come un calzino, ma questa volta anche con fondate motivazioni tecniche, dopo una stagione che ha sostanzialmente lasciato con l'amaro in bocca il patron e larga parte della tifoseria. La soddisfazione per l'ormai riconquistata supremazia cittadina non può far passare in secondo piano gli stenti di un'annata che era partita fra fanfare e squilli di tromba, sulle ali di una campagna acquisti faraonica.
IL CAMPIONATO SCORSO - Preziosi è stato sfortunato: dei tanti top player portati a casa dodici mesi fa, nessuno ha mantenuto le promesse. Tanti buchi nell'acqua, da Veloso a Rafinha per finire ai più fragorosi: un Toni ormai chiaramente sul viale del tramonto e la sciagura Eduardo, portiere della Nazionale portoghese, protagonista di un buonissimo Mondiale ma scioltosi come neve al sole sotto la Lanterna, fra papere sesquipedali, défaillance caratteriali e una disarmante dimostrazione di carenza assoluta in fasi tecniche fondamentali per un estremo difensore.
LA STRATEGIA SOCIETARIA - Così, questa volta la rivoluzione è stata forse più accettabile, per i supporters. Se la rinuncia a Rafinha ed Eduardo (quest'ultimo, in verità, difeso a spada tratta oltre ogni evidenza da un fetta cospicua di tifosi) è stata mandata giù tutto sommato senza fiatare, hanno fatto storcere il naso quelle al Nazionale Criscito e soprattutto al gioiellino fatto in casa El Sharaawy, al quale moltissimi esperti pronosticano un avvenire luminosissimo. I critici dicono che con questo andirivieni di giocatori non si intravede il barlume di un progetto a lunga scadenza, e che non viene data la possibilità di affezionarsi ai campioni, di fidelizzarli alla causa rossoblù, facendo cadere uno degli aspetti più affascinanti e poetici del football. I difensori della causa presidenziale sostengono che tutto ciò va accettato, sia perché Preziosi i soldi che incassa li reinveste quasi sempre in maniera azzeccata, sia perché comunque l'irpino ha restituito al Genoa una dignità, sul piano dei risultati, che in quanto a continuità mancava da prima dell'ultima guerra.
Ad entrambe le "fazioni" non mancano le ragioni: da parte nostra si può aggiungere, sempre per... dare un colpo al cerchio ed uno alla botte, che in questo brutto calcio del Duemila, con un abisso profondissimo di potenzialità economiche fra l'élite delle grandi e il "resto del mondo", la strategia adottata dal club rossoblù è l'unica, o comunque una delle poche, percorribili per rimanere a galla dignitosamente in Serie A senza bagni di sangue finanziari. E' anche vero che cambiamenti d'organico così profondi di anno in anno mettono in seria difficoltà l'allenatore chiamato a dare un volto e un'anima alla squadra, e rendono il futuro un'incognita continua, perché quando ci si affida a tante scommesse tutte in una volta il rischio flop è più alto che mai.
Ciò vale a maggior ragione quando, come quest'anno, si punta su tanti stranieri, perlopiù giovani e perlopiù mai visti all'opera in un campionato europeo. Un grosso rischio per Malesani, che dopo aver rivisto la luce a Bologna è chiamato al rilancio definitivo, dopo anni di stagnazione. Ce la farà? Ha in mano una patata bollente, ma durante il ritiro estivo si è mostrato carico, sereno e fiducioso, e del resto, scommesse a parte, la rosa messagli a disposizione ha tante certezze che dovrebbero bastare quantomeno a ripetere il torneo dell'anno passato. Vediamo nel dettaglio.
PORTIERI - Qui il passo avanti è evidente: da Eduardo, che oltretutto coi suoi errori trasmetteva un enorme carico di paura e di incertezza a tutta la terza linea, si è passati a Frey, che se ha recuperato la forma è un estremo difensore da altissima classifica. Dietro di lui l'esperienza di Lupatelli, uno che fa spogliatoio ma che, se chiamato in campo, il suo lo può ancora fare. E poi c'è sempre Scarpi, altro collante del gruppo e ormai prossimo al ritiro.
DIFESA - Un po' in chiaroscuro. Bovo è rinforzo di lusso, perché al centro gli ottimi Dainelli e Kaladze, non di primo pelo, hanno un anno in più e avranno spesso necessità di rifiatare, e in più è giocatore eclettico. Poi c'è anche lo svedesone Granqvist, che in precampionato non sempre ha convinto ma che gode della fiducia dello staff tecnico. Sulla destra ci si affida ancora a Mesto, spesso contestato ma inappuntabile per continuità e dedizione alla causa, mentre a sinistra la pesante eredità di Criscito sarà raccolta da Antonelli, figlio d'arte (papà Dustin giocò nel Genoa nella prima metà degli anni Ottanta, da attaccante) e già provato da Prandelli in azzurro. In più Moretti, utilizzabile sia al centro sia (preferibilmente) a sinistra. Però, nel complesso, il reparto appare un po' a corto di alternative.
CENTROCAMPO - Tante scommesse, qualche potenziale crack e un valore medio più che rispettabile, sulla carta. Ci si aspetta il riscatto di Veloso, centrocampista di qualità e quantità che ha completamente fallito l'approccio al calcio italiano. Potrebbe essere uno degli stranieri rivelazione della Serie A lo sloveno Valter Birsa, forte fisicamente, rapido e fantasioso, con propensioni da trequartista, mentre è attesa la consacrazione di Constant: tecnico, versatile, costruttore di gioco e buon incursore, l'anno scorso col Chievo ha offerto lampi accecanti. Occhi puntati anche su Kucka, in bilico fra Genoa e Inter, anche lui molto versatile, centrocampista di sostanza e con buone doti di inserimento. Se non penserà troppo al futuro nerazzurro, il rendimento è assicurato, dopo le buone cose mostrate nell'ultimo torneo. Merkel è un giovane di cui si dice un gran bene, poco si sa del cileno Seymour, sul quale peraltro in molti sono pronti a scommettere, mentre c'è sempre la garanzia rappresentata da capitan Marco Rossi, una delle poche bandiere rimaste nel nostro football: fisico, polmoni, classe non disprezzabile, attaccamento alla maglia, capacità di ricoprire più ruoli con efficacia. A proposito di bandiere, sull'estate genoana grava l'ombra del discusso (e a parer nostro incomprensibile) addio a Milanetto, in rotta con talune frange della tifoseria. Non è stato un bell'episodio: Mila ha dato tanto ai colori rossoblù, l'incidente (ingigantito) di fine derby doveva essere meglio metabolizzato, anche se non è dato sapere fino a che punto tale rottura abbia pesato sulla separazione. Il retrogusto amaro però resta. La brutta pagina è stata scritta, sul piano calcistico rimane l'auspicio che la sua assenza non si senta molto, visto che nell'ultimo anno il vecchio Omar ha messo molte pezze fondamentali alle lacune di gioco della squadra. Si spera trovi spazio il giovanissimo Sturaro, prodotto della "cantera" rossoblù.
ATTACCO - Dopo un'estate trascorsa a inseguire Gilardino, chiudere il mercato con Caracciolo non è il massimo della vita. Con tutto il rispetto per l'Airone, dignitosissimo centravanti, il buon Alberto è un'altra cosa. Cionondimeno, inserito in un contesto più competitivo di quelli a cui è abituato, non è detto che l'ex bresciano non possa assicurare il bottino di reti necessario per garantire al suo nuovo club un piazzamento di rilievo. Si giocherà il posto con Pratto, ennesima incognita straniera (argentina, per l'esattezza), attaccante possente, non bellissimo a vedersi. La sicurezza è rappresentata da Palacio: Preziosi ha resistito alle sirene interiste, facendo tirare un sospiro di sollievo al popolo rossoblù. La perdita di Rodrigo sarebbe stata esiziale, privando la squadra dell'anima offensiva: classe di prim'ordine, Rodrigo segna e fa segnare, anche se la continuità non è il suo forte. Ci si attende molto da Zé Eduardo, fantasioso attaccante brasiliano peraltro subito frenato da un infortunio. Oggetto misterioso il cileno Jorquera, che viene descritto come elemento dal talento cristallino, giocatore rapido ed estroso, mentre rientra in gruppo Jankovic, dopo due gravissimi infortuni: se si è rimesso in sesto, un importante guastatore offensivo, un'arma in più per variare gli schemi d'attacco. Spiace per le rinunce a Floro Flores (dieci gol nel girone di ritorno del torneo appena concluso), ma l'Udinese pretendeva troppo, e a Paloschi, che ha tutto per diventare uno dei migliori attaccanti italiani.
CARLO CALABRO'
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